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[PRESS] Tullio De Piscopo: "Pino Daniele tre anni dopo, da quando lui non c'è la musica è cambiata" (da repubblica.it)

Il batterista della superband: "Il 19 settembre 1981 bloccammo la città, da allora piazza Plebiscito è la piazza della musica"

Pino Daniele se ne è andato nella notte tra il 4 e il 5 gennaio di tre anni fa. E in città si preparano tributi e live per ricordarlo. Il 19 marzo, giorno in cui l’artista avrebbe compiuto 63 anni, al Palapartenope si terrà il memorial “Je sto vicino a te”. In attesa del 7 giugno con lo spettacolo “Pino è allo stadio San Paolo con la partecipazione di diversi artisti, tra cui Jovanotti e Fiorella Mannoia. Intanto a Tullio De Piscopo piace ricordare un altro concerto, quello del 19 settembre 1981 in piazza del Plebiscito, di fronte a 200mila persone, insieme a Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tony Esposito, James Senese. «Bloccammo una città intera, il pubblico arrivava da tutta Italia. Dopo quel concerto, il Plebiscito divenne la piazza della musica».E da allora non si è mai riempita così tanto.


De Piscopo, a distanza di tre anni dalla scomparsa di Pino Daniele, cosa è cambiato nella musica?
«Per me è cambiato tutto. Noi affrontavamo la musica in maniera diversa, non era solo comunicazione, per noi era una questione di vita, era il respiro. E lui aveva un’incredibile capacità di valorizzare i giovani».

Quando vi siete conosciuti?
«Io ero a Milano, avevo già fatto tante cose, come “Libertango” con Astor Piazzolla, inserimmo la batteria nel tango, un urlo di liberazione. Mentre facevo altre cose, mio padre mi disse che aveva sentito un ragazzo troppo forte. In quel periodo mio padre suonava lo xilofono nell’orchestra della trasmissione Rai “Senza rete”».

Poi che successe?
«Pino volle farmi ascoltare il suo primo lavoro, “Terra mia”. E nacque una grande intesa. Io non ho mai accompagnato i cantanti, ho sempre fatto musica strumentale, però quando sentii Pino non ebbi alcun dubbio. Ci incontrammo la prima volta in una pizzeria di Port’Alba, mangiammo una pizza e poi andammo in sala prove».

Ha iniziato la collaborazione con Pino con il disco “Vai mo’”…
«Io ero molto impegnato, ma lui mi faceva sentire tutto quello che faceva. Una volta mi chiamò risoluto, avrebbe aspettato quando ero libero, voleva che gli dedicassi almeno una settimana. Gli risposi che se tutto andava per il meglio gli potevo dare solo quattro ore. Mi rispose che gli andava bene anche così. A sorpresa, trovai in studio Joe Amoruso e Rino Zurzolo. Capii che era una bomba che si sarebbe ingigantita pian piano e che sarebbe scoppiata al mille per cento».

E nacque la superband…
«Pino aveva provato diversi batteristi: lui non è che voleva Tullio De Piscopo, voleva Pino. Mi spiego: lui voleva un suono preciso, ad esempio il funky con le spazzole. Era un’innovazione, l’evoluzione verso il jazz, ma attraverso le sue origini. Era in controtendenza, non pensava al commerciale, a vendere dischi, ma al suono».

Qual è il concerto che ricorda di più?
«Il tour di “Bella ‘mbriana”, nel 1982, a settembre allo stadio di Fiuggi. Venne a piovere e c’erano migliaia di persone sotto la pioggia. Non si poteva suonare, c’erano problemi con la corrente elettrica, ma quando diminuì la pioggia salimmo sul palco. Qualcuno lanciò delle palle di fango addosso a Pino. Lo guardai, ma lui non disse niente, tirò avanti dritto, senza fermarsi. Una lezione di stile».

La serietà di un professionista…
«Nel privato scherzavamo sempre. Ci divertivamo durante i viaggi, facevamo la sceneggiata con la tombola… Quando mi trasferii per un periodo nel suo studio a Formia, alle dieci del mattino mi preparava il caffè con acqua che scendeva dalla montagna, fumavamo una sigaretta e andavamo avanti fino alle undici di sera».

Vede qualcosa di nuovo sulla scena musicale in città?
«C’è stata un’ondata di rap, forse un po’ esagerata. La differenza è che Pino non era moda, era come il jeans, come il blues, anche se a Napoli è difficile poter scrivere delle cose. “Je so’ pazzo” in Rai fu tagliata… Ogni tanto penso anch’io di scrivere
ancora qualcosa, ma mi confronto sempre con le canzoni di Pino, ha scritto già tutto lui. Amavamo la musica, il jazz, ma anche Gilda Mignonette».

L’anno scorso se n’è andato anche Rino Zurzolo…
«Un brutto colpo. Questi dolori mi hanno appesantito la testa. Rino me l’ero cresciuto, quando veniva a Milano la mia poltrona diventava il suo letto.
Suonavamo insieme dal jazz alla classica». (di NINO MARCHESANO)
Ultimo aggiornamento dell'articolo: Sabato, 06 Gennaio 2018 13:56