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Pino Daniele allo Stadio San Paolo: il concerto del 98

Insieme a quello del 19 Settembre 81 (festa di San Gennare) in Piazza del Plebiscito, il concerto allo Stadio San Paolo di Napoli nel 1998 è sicuramente tra i più importanti e significativi della carriera di Pino Daniele.
Un concerto con nessuna diretta televisiva e radiofonica, due ospiti (Jovanotti e Raiz) e una band internazionale che accompagnava il mascalzone latino sul mega palco montato davanti alla curva «B».

Nel 1998 Pino Daniele pubblica la sua prima raccolta ufficiale, lanciato nelle radio dal singolo "Amore senza fine".
Per quell'anno, il cantautore decide di non fare nessun tour ma tiene un unico grande concerto, nella sua Napoli, per festeggiare l'uscita del suo CD "Best Of. Yes I Know My WAy"

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Il 18 Luglio 1998 Pino si esibisce allo Stadio San Paolo di fronte a 80 mila spettatori. Un concerto di oltre due ore e mezza nel quale Daniele suona e canta il meglio della sua produzione scritta fino a quell'anno, da "Napule è" fino a "Amore senza fine".

LA BAND

La band di musicisti che suona con Pino in questo concerto è formata da:
- Lele Melotti (batteria)
- Jimmy Earl (basso)
- Hossam Ramzky (percussioni)
- Rachel Z (tastiere)
- Fabio Massimo Colasanti (chitarra e computer programming)

OSPITI

Pino Daniele invita per il concerto al San Paolo due ospiti: Jovanotti e Raiz (voce degli Almamegretta).
Entrambi gli artisti faranno, durante la serata, dei duetti con Pino con loro canzoni: con il primo canta "Bella", in versione acustica, mentre con entrambi duetta prima con "Sanacore" e poi in "Senza peccato", versione in chiave elettronica di "Yes I know my way".

Immagini in TV dul concerto

Alcuni servizi di telegiornali andati in onda nel giorno successivo.

LETTERA ALLA CITTA'

Pino scrive, per "presentare" l'evento del San Paolo, una "Lettera alla città", pubblicata su "Il Mattino" il giorno stesso del concerto.

Lettera Alla Città: Ricomincio Da Napoli

Yes I know my way. E la strada non poteva che passare di qui, prima di voltare pagina, di cambiare rotta, di entrare davvero, come tutti noi, in Europa. Il San Paolo era una sfida, a riempirlo da solo non c'è riuscito mai nessuno, ma, nonostante l'emozione e la tensione, si è trasformato in una grande festa. Dicevamo della mia strada, della direzione che prenderò, ripartendo stanotte, a show finito, da Napoli, la mia Napoli. In fondo io sono un napoletano fuori sede, un napoletano cosmopolita, uno di quei napoletani che hanno visto la vecchia città e non la rimpiangono, che sperano di vedere la nuova città, un'altra città che conservi il meglio di un passato che è stato anche glorioso ma non solo, non soprattutto. L'Europa, e anche l'Africa, allora. In Europa voglio entrare con le mie
canzoni, melodie che affondano le radici in una tradizione antichissima, ma non vogliono chiudersi nel ghetto, sono orgogliose delle proprie origini, ma anche disposte al confronto con le altre culture, alla contaminazione. Napoli è terra di conquistatori, conquistati a loro volta dalla nostra indole, dalla nostra fantasia. E' una Napoli che si affaccia al Mediterraneo quella che vorrei contribuire a portare in Europa, sottolineando il suo compito, il suo destino, la sua importanza strategica, anche se li turchi non sbarcano più alla marina, ma… E poi l'Africa: in gennaio parto per l'Egitto, per il Mali. Con me ci saranno Fabio Massimo Colasanti e Hossam Ramzky, due delle colonne della band di stasera, due dei miei più importanti collaboratori: l'uomo del computer e l'uomo dei tamburi.
Andremo alla ricerca di suoni da catturare, di emozioni a cui lasciarci andare, di suoni da trasformare. Eccolo il tragitto Napoli-Europa-Mediterraneo-Africa. Eccoli i miei compagni di viaggio, i miei amici, gente come Jovanotti e Raiss, gente che parla il linguaggio, anzi i linguaggi di questa fine millennio. Yes I know my way: la strada di una canzone nuova, sempre più latina, forse più semplice e popolare di vent'anni fa, forse improvvisamente disposta ad incontrarsi con un quintetto d'archi, come succederà nel progetto per il centenario della nascita di Eduardo De Filippo. Conosco la mia strada? Si fa per dire, so bene da dove parte, sono qui, siamo qui. Ma non so, come tutti noi, dove arriverò, dove arriveremo. Intanto, assieme a voi, ho un pugno, eh forse qualcosa di più, di canzoni
da intonare. Canzoni che hanno vent'anni, canzoni che hanno pochi mesi. Canzoni che ho cantato centinaia di volte, canzoni al loro debutto in versione dal vivo. Canzoni in dialetto, canzoni in italiano, canzoni in quello slang anglopartenopeo che uso sempre di meno, perché anche gli scugnizzi dei vicoli dove sono nato stanno imparando a parlare in inglese. Canzoni dimenticate e canzoni che sono diventate inni, che qualcuno vuole persino aggiungere al novero dei classici napoletani. Trattasi di canzonette: solo per questo siamo qui, senza nessuna diretta televisiva o radiofonica. Nessuna polemica, nessuno snobismo, è il mio mestiere, quello che so e che voglio fare. Canzoni da cantare, forse anche canzoni con cui parlare, in un sogno di una notte di mezza estate. Per raccontarci i desideri
di quei ragazzi che inseguivano una rivoluzione che non c'è stata, ma non hanno perso i sogni negli occhi, non si vergognano di inseguire un'utopia, che si chiami amore, o una società più giusta. Oggi il mio sogno è questo stadio pieno di amore senza fine, di gente che mi ha seguito dall'inizio e di ragazzi nati dieci anni dopo " Napule è ". Napule è anche questo, sono anche io, siete anche voi. Stateve buono guaglio'.

Pino Daniele


ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA DEL 19 LUGLIO 1998 SUL CONCERTO AL SAN PAOLO

Napoli, delirio per il "ritorno" di Pino Daniele
In 80 mila per la popstar al San Paolo. E Jovanotti gli canta un rap: siamo simboli del cambiamento

Napoli, cielo pieno di stelle, la musica di Pino che accarezza la pelle e ci entra nel sangue, scava nelle radici profonde. La musica e' il mare, noi siamo le onde, siamo fatti di acqua di sale e di vento, noi siamo l'immagine del cambiamento, napoletani italiani europei mondiali, siamo uomini alberi sassi animali, siamo vivi che piu' vivi si potrebbe morire". Questo rap originale, scritto e cantato da Jovanotti apposta per l'evento, ha infiammato ieri sera gli 80 mila del San Paolo di Napoli, venuti a festeggiare il ritorno del figliuol prodigo Pino Daniele alle sue radici con il debutto nello stadio della sua citta' tutto esaurito. Il rap, inserito nel brano "E se domani piovera" nell'ambito del primo siparietto dei duetti con gli ospiti, cioe' Raiss (Rino) degli Almamegretta e Jovanotti, si e' sviluppato in un crescendo di campanilismo partenopeo e di celebrazione del padrone di casa concluso dal verso: "Napoli Napoli Napoli capitale; Pino Pino Pino Daniele". Momento clou di uno show nel quale l'artista napoletano ha dispiegato in due ore e 40 tutta la sua vastissima gamma di successi. Giova ricordare che Daniele, assieme a Edoardo Bennato, la Nuova compagnia di Canto Popolare, i Napoli Centrale (di cui Pino era tecnico e uomo di fatica), e' uno dei capiscuola della Nuova Napoli che alla fine degli anni Sessanta ripudio' bruscamente gli acquarelli e le oleografie della tradizione per cantare una Napoli piu' vera, quella che si ribellava al degrado, alla disoccupazione, allo scempio edilizio. In questo contesto pero' Pino sfodera fino dalle origini una marcia in piu': l'inglese usato in funzione della phone' napoletana in un contesto di suoni blues mediterranei. Il concerto ambientato su un palco ampio ed essenziale, dominato da ponteggi argentei e teli bianchi che via via assumevano i piu' diversi colori, e' cominciato alle 21.30 in un clima festoso e ordinato con cinque brani di periodi assai lontani fra loro: "Amore senza fine" (il successo piu' recente), "Amici come prima", "Je so' pazzo", "Che soddisfazione", "O' scarrafone". Daniele, giacca bianca e dolcevita nero e' stato letteralmente coperto dalle urla e dai cori dello stadio in tutti i primi brani. Voce e strumenti annullati dalla folla. Al termine della sequenza un rullar di tamburi africani, la caduta dei sipari laterali bianchi, Daniele in bermuda coloniali a pallini bianchi e l'arrivo degli ospiti per una straordinaria rilettura di "Un deserto di parole" seguita da "Se domani piovera" arricchita dal rap di Jovanotti. Lo stadio e' caldo, centinaia di striscioni si agitano sugli spalti combinando titoli di canzoni e omaggi a Troisi ("Pino sul palco, Massimo nel cuore"). Lo show prosegue con vari successi fra cui "Che male c'e", "Anna verra", "Resta cu'mme" e "Terra mia" entrambe eseguite in versione acustica.
Quindi omaggio agli ospiti. Prima agli Almamegretta con "Sanacore" cantata da Rino e Lorenzo e Pino Daniele alla chitarra, poi a Lorenzo con "Bella". Il resto, a parte un ritorno di Jovanotti e Rino in "Senza peccato", e' tutto un greatest hits di Pino Daniele: "Quanno chiove", "Quando", "Je sto vicino a te", "Io per lei", "Viento 'e terra", "A me me piace 'o blues" fino a "Che dio ti benedica" che conclude lo show. Dal quale si evince che il miglior Daniele e' quello che scrive, canta e pensa in napoletano o inglese maccheronico, anche se pure in lingua italiana riesce a trasmettere buone emozioni. E il primo a saperlo e' lui che, non a caso, per i bis sceglie "Napule e", "Tutta n'ata storia", "Yes I know My way": un misto di tristezza e allegria, fatalismo e riscossa, Europa, Oriente e Africa.
Insomma, una contaminazione di cui Daniele resta il campione a livello poetico e musicale. Fra i vip in tribuna, D'Alema (giunto con Folena e Velardi), Bassolino, i calciatori Cannavaro e Ferrara, Giorgia, Mina', Valeria Marini, Monica Bellucci. (Mario Luzzatto Fegiz)